sabato 30 gennaio 2010

MA NON ERA IL MINISTRO A DOVER VENIRE QUI?

a visitare il cantiere della Guinza si intende.

Siamo soddisfatti ma solo parzialmente. Dichiara il sindaco di Urbania che in autunno, insieme al sindaco di Mercatello, aveva rilanciato il comitato sulla Fano Grosseto e promosso la manifestazione del 1° novembre alla Guinza.

“Di viaggi per Roma se ne sono fatti tanti” continua Lucarini “io stesso ho partecipato ad alcuni. La novità doveva essere che una volta tanto il ministro veniva a trovare le istituzioni, sottolineo le istituzioni, come ha fatto ad Arezzo ed Ancona per rendersi conto di persona dello scandalo della galleria.

E poi non doveva essere un’azione rigorosamente bipartisan?. Rispetto la Foschi, ma forse il ministro dovrebbe rapportarsi direttamente con le istituzioni. Ai parlamentari agli enti locali.

Bene comunque, il ministro ci riceve. Spero che almeno siano chiamati anche i sindaci promotori del comitato (Urbania, Mercatello, Urbino).

Non che in questi mesi non sia successo niente. Anzi. Apprezziamo il ruolo che ha assunto la provincia, apprezziamo l’adesione unitaria di tutti i partiti, dei consiglieri e dei parlamentari.

Bene anche l’accelerazione delle procedure dell’Anas per la super strada, andremo subito in Consiglio per quanto ci riguarda. Bene se c’è la promessa di finanziare subito il lotto 10, per il collegamento fra Canavaccio e la bretella. Ma non doveva esserci anche il 4?.

E poi vogliamo rassicurazioni affinché gli impegni non finiscano li.


Rimane in campo tutto il problema dell’attraversamento dell’appennino. Cioè la progettazione del lato umbro (la palla è al ministero ormai) e il completamento della galleria. Non pretendiamo tutti i soldi subito. Pretendiamo però che si progetti quello che c’è da progettare e che la storia non finisca con il lotto 10 e con il collegamento per Urbino.

Servono tanti finanziamenti è vero, ma ad esempio in un contesto decennale potrebbe essere finanziato un lotto all’anno. Un lotto all’anno significa che con la buona volontà, tenendo conto che fra progetto ed esecuzione passano in genere alcuni anni, finanziando un lotto all’anno, i risultati in un decennio si potrebbero vedere davvero.

lunedì 25 gennaio 2010

Anniversario del bombardamento 2010

Oggi eravamo in giunta quando la sirena alle 12,42 ha suonato, più volte.
E tutti hanno guardato l’orologio, e un groppo in gola ci ha impedito di continuare a parlare.
Sapevamo che era una rappresentazione, ma comunque l’effetto era agghiacciante.
Per un momento abbiamo in piccolo vissuto lo stesso stato d’animo che in qualsiasi luogo, in qualsiasi epoca, provano le popolazioni quando una sirena preavvisa che dal cielo arriva una minaccia, che bisogna fuggire, ripararsi, che non c’è scampo, non c’è difesa per i civili, se non in un rifugio, un riparo.
Ad Urbania quella domenica di 66 anni fa, non suonò la sirena, i bombardamenti non avevano mai attaccato Urbania, non c’erano mai stati e non ci furono più attacchi. Non vi erano in Urbania obbiettivi militari.
La Ferrovia era più in basso a più di quattro kilometri, alle Baracche.
Non c’era motivo di avvisare la popolazione. Gli aerei passavano solamente sopra il cielo di Urbania. Per cercare i nodi ferroviari toscani o bolognesi, obiettivi strategicamente più importanti, per impedire i rifornimenti tedeschi o repubblichini in seguito allo sbarco di Anzio.
La guerra c’era. La linea gotica, attraversava la nostra provincia. La guerra ce la raccontavano i militari ritornati, le notizie dei prigionieri, quando arrivavano, in seguito alla rotta dell’esercito italiano, dopo l’8 settembre.
Ce la raccontavano le radio, soprattutto l’ascolto clandestino di Radio Londra. Il governo italiano era al sud, ma da noi niente di particolarmente rilevante.
Era domenica, una domenica chiara e fredda, come ci sono in gennaio, un piccolo assaggio della primavera che verrà.
La gente tranquilla usciva dalla messa e si preparava a tornare a casa dopo un fugace salto dal barbiere, o due chiacchiere con gli amici in osteria o le piccole spese che in tempo di guerra si potevano permettere.
Allora la Domenica i negozi erano aperti, le popolazioni rurali potevano scendere in paese di domenica perché gli altri giorni c’era da lavorare.

Poco importa la cronaca esatta.
D’improvviso qualche aereo dei numerosi che tornavano si abbassa, probabilmente i motori si sentono più vicini, perdono di giri, come si dice, poi il fischio il botto atroce, i palazzi che si afflosciano, i vetri che tintinnano, il piccolo circo che scompare.
Poi come una nebbia un silenzio, quanto lungo nessuno se lo ricorda, dieci venti secondi un minuto. ….. E poi un lamento, un urlo atroce che attraversa la città.
Da quel momento niente è più come prima. Da quel momento ogni persona cambia il corso della sua vita. Muoiono 250 persone, rimangono ferite altre centinaia, ognuno ha un fratello o un cugino o un genitore o un figlio da accudire o seppellire. Scompaiono famiglie intere.
E poi i giorni successivi, inizia l’opera di soccorso, volontari militari civili, i carissimi, per tirare fuori le persone dalle macerie. L’ospedale pieno di feriti. Le persone sane che si allontanano verso la campagna. Ognuno si rifugia in un podere. Amicizie fraterne che continueranno per tutto il dopoguerra.
Quasi ogni famiglia di Urbania è stata colpita. Ognuno ha una storia da raccontare. Chi ricorda un morto, o un ferito, o una persona che si è salvata per un attimo, per una decisone banale in qualsiasi altro momento. Un’ultima frase, un saluto, un rifiuto di un bambino.
I racconti che abbiamo sentito tante volte, trascritti o filmati.
I racconti che non sentiremo mai. Che sono scomparsi sotto le macerie.
Ieri sera la sintesi del bel film di Andrea Tancini e Salvatori Enrico, Paolo Cellini, ci ha restituito la stessa angoscia.
Foto di famiglia, immagini di vita quotidiana, la caldarroste, le brustoline, la tabaccaia. Scompare sotto le bombe tutto l’archivio del fotografo storico di Urbania. La memoria della città.
Scompaiono palazzi storici di Urbania.
Due giornate prima di Urbania lo scoppio di Montecchio. Un botto enorme. Un’azione di sabotaggio, contro i tedeschi, per distruggere un arsenale di morte che si trasforma in una grande tragedia e nella scomparsa dell’allora borgo di Montecchio. Anche a Montecchio 30 morti.
Un contesto, una storia diversa, ma una memoria che ancor oggi resta nel ricordo di tante famiglie colpite. Che è nella carne di chi ricorda.
Su ambedue gli episodi per anni una cortina di silenzio, per motivi diversi: in un caso perché provocata da quelli che erano già i nostri alleati, già allora dei badogliani ed in seguito dell’intero paese, nell’altro caso addirittura per mano dei partigiani.
Lo abbiamo voluti raccontare e celebrare insieme, perché sono facce di una stessa medaglia. Una medaglia terribile, la guerra.
La guerra moderna che tutto annulla. La guerra moderna che colpisce terrorizza i civili, la guerra nella quale chi preme il grilletto non sente il dolore che provoca. E’ un’azione come un’altra. Come si fa a provare rancore. Li ho letti quei report americani.
Giovani di vent’anni che ogni giorno prendono un biglietto si sola andata. Che il giorno dopo avrebbero bombardato Sofia in Romania. E forse ancor dopo in Austria o Germania. Probabilmente alcuni persero subito la loro vita i giorni successivi. Come ci ha raccontato ieri sera Mazzanti
Giovani che a sprezzo del pericolo si aggregano nei GAP, gruppi di sabotaggio partigiani, che rischiano la vita per combattere l’invasore.
Un atto banale, una decisione, il dito su un comando e vite che scompaiono per sempre.
Non sono loro i colpevoli. E’ la guerra. La guerra moderna. Che distrugge, che terrorizza le popolazioni.
Si era sperimentata a Guernica, la città ormai più conosciuta per il quadro di Picasso che per i morti in seguito ai bombardamenti degli alleati fascisti e nazisti di Franco.
Si era sperimentata in piccolo nella prima guerra con i primi aerei.
Ma nel secondo conflitto diventa normalità. Scompaiono intere città, Dresda viene bombardata di notte selvaggiamente, sul fronte opposto Londra, poi Berlino, Mosca, Leningrado.
E le tracce rimangono per sempre. Nella struttura delle città, anche in Urbania, nelle poco felici ricostruzioni del dopoguerra ed anche nei buchi delle mancate ricostruzioni o nei tetti piatti nelle nostre foto aeree. Tracce soprattutto nella memoria.
Sono 66 anni che questo giorno viene celebrato come il nostro giorno della memoria. Ognuno conosce un racconto famigliare.
Un mio zio sedicenne dal barbiere si salva per miracolo, sotto una trave. Le travi che portano o morte o sopravvivenza. Una nonna che per anni sopravvive con un piede maciullato per morirne un decennio dopo. Nella famiglia di mia zia da parte di madre, scompare una ragazza di 16 anni.
Tanti racconti che vorremmo diventassero un libro. Ieri sera l’abbiamo detto e cercheremo finalmente di realizzarlo e di farne omaggio a tutte le famiglie affinchè ogni ragazzo conosca la storia di questo evento tragico e possa legarla alla storia della sua famiglia.
Quest’anno abbiamo deciso di celebrare insieme a S.Angelo in Lizzola quelle che furono le tragedie più grandi della Provincia nel secondo conflitto.
Lo faremo anche il prossimo anno. Con me qui c’è il vicesindaco di S.Angelo ieri sera c’era il sindaco. Abbiamo un dovere: il dovere di raccontare. La guerra va raccontata, va spiegata.
La guerra non nasce a caso, d’improvviso. Ha una fase di preparazione. Che è impastata d’odio, di sopraffazione, di facilonerie guerresche. Di eroismi e vanaglorie, che si sciolgono non appena arriva il volto vero della guerra: la morte, la distruzione, i peggiori istinti che diventano normalità quotidiana, i limiti che spariscono per sempre.
La guerra moderna è terribile: 20 milioni di morti nel primo confitto, 50 milioni nel secondo conflitto, quasi due terzi civili. 26 milioni di morti in Russia, 14 nell’invasione giapponese della Cina. In gran parte civili.
Chi ha vissuto la guerra ha il compito di ricordarla, ma soprattutto il dovere di preparare la pace. La pace non è un’affermazione retorica. La pace costa fatica, richiede impegno. La pace è il coraggio di dire le cose che non sempre fanno piacere a tutti.
La pace significa non fermarsi alla superficie delle cose, guardare all’umanità delle persone. Rispettarne le diversità: di razza di religione, di opinione.
La pace costa fatica. Richiede impegno, ma rappresenta l’unico futuro possibile per l’umanità.
Trasformare la celebrazione, il ricordo di questi due episodi in un impegno di pace fra due città come Urbania e S.Angelo in Lizzola credo sia l’impegno che abbiamo il dovere di assumerci oggi.

giovedì 21 gennaio 2010

ED ADESSO L’INTERO MONTEFELTRO NEI SITI UNESCO.

Proposta del Sindaco di Urbania Peppe Lucarini
Mi sembra che sia emersa una riflessione ed una volontà unanime nel corso della discussione sull’eolico di Urbania.
Il territorio, tutto il territorio, possiede valori storico ambientali, paesaggistici tali da meritare l’inserimento nei siti dell’unesco.
Soprattutto il complesso di castelli di rocche uscite dal mecenatismo di Federico e dei duchi di Urbino e spesso dalla progettazione di grandi architetti.
Penso a Sassocorvaro, a Piobbico, a Fossombrone, a San leo, penso perché no ad Urbania, l’antica Casteldurante, con il Palazzo Ducale il Barco, ed il centro storico così mirabilmente incastonato nel fiume metauro, penso a tutta la valle del metauro.
Penso a tutto il territorio ed al complesso di fortificazioni che rappresentava il territorio dei Duchi di Urbino.
Una armonia fra presenza dell’uomo e paesaggi che è difficile trovare in altri luoghi.
Lancio pertanto l’idea di un comitato per proporre questo inserimento e spero nell’adesione di importanti personalità della cultura oltre che delle istituzioni.
Farò questa proposta al prossimo consiglio e poi la invierò a tutte le istituzioni ed a personalità della cultura e della politica del territorio.
Non che di per se l’inserimento fra siti dell’Unesco rappresenti automaticamente risorse.
Ma sicuramente è il passaggio, il viatico, per altri progetti importanti, per una cultura della tutela e della valorizzazione, per un modello di sviluppo diverso, fondato sulla collaborazione fra cultura, scienza, formazione ed economia.
Mi piacerebbe capire se questa idea è condivisa e raccogliere i suggerimenti e le valutazioni che probabilmente susciterà.
Sarà formato un comitato e chi vuole può già annunciare l'adesione
Peppe Lucarini
Sindaco di Urbania

lunedì 18 gennaio 2010

Commemorazione - 66° Anniversario del bombardamento


UNA BELLA LEZIONE DI DEMOCRAZIA: SOPRATUTTO PER GLI ASSENTI

Risultati del referendum sull'eolico di Urbania:
Il quorum è stato raggiunto
Votanti: 1786 32,5%
NO: 1435 80,7%
SI: 342 19,24%
Nulle: 7
Bianche: 2





Chi pensava che facevamo per scherzo, stasera deve ricredersi.
Urbania ha votato ed ha dato un chiaro orientamento.
Ne avremmo tenuto conto comunque. L’avevo già dichiarato. Perché era chiaro che dopo il cambiamento di opinione del SI non c’era più che un voto possibile, il NO.
Con questo voto viene aggiunto un no chiaro alle cose che avevamo già detto nella conferenza dei servizi del 20 ottobre e che abbiamo ripetuto nel corso del sopralluogo: sull’area scelta per l’impianto vi sono ben due vincoli (paesaggistico di Montenerone e boschivo) e la visibilità dalla città è troppo evidente, nelle due strade che vengono da Fermignano e da Urbino, dal Barco persino.
Urbania è una città storica, ha un suo autonomo progetto di sviluppo, che ha costruito in anni di sacrifici, che si fonda sui beni culturali, sul paesaggio e sulla capacità dei suoi imprenditori.
Urbania non è una piccola città che ha bisogno delle rimesse per far quadrare i bilanci.
Spero che si capisca cosa abbiamo fatto in questi due mesi intensi:
Quattro incontri istituzionali e sei assemblee pubbliche; due riunioni con associazioni; sette incontri istituzionali esterni; un lavoro preparatorio di almeno 11 riunioni, 36 fra iniziative, lettere e documenti.
Si è parlato di energie alternative più ad Urbania che in tutte le Marche. Non si è parlato contro le energie alternative, ma su un progetto e soprattutto sulla localizzazione di un progetto. Anzi i due comitati hanno dichiarato che cercheranno di indirizzare la discussione prodotta in energia politica in direzione della promozione delle energie rinnovabili.
Il margine a tutti per poter esprimere una opinione e per giocare al meglio le proprie carte, c’è stato. Ognuno lo ha fatto come sapeva fare.

In questa vicenda hanno contato le parole, ma hanno contato anche i silenzi, troppi ed ancor di più di quelli che avrebbero dovuto parlare, per obbligo istituzionale.
Ci deve essere un’altra strada per non lasciare le amministrazioni sole in vicende troppo grandi per loro come queste. Spero che questo referendum serva a far ragionare chi di dovere.

Il sindaco
Giuseppe Lucarini


mercoledì 13 gennaio 2010

Consultazione Parco Eolico

La Giunta Comunale invita tutti i cittadini nei giorni 14, 15, 16 e 17 Gennaio a partecipare attivamente al voto dalle ore 9.00 alle ore 19.00; per la giornata di domenica 17 gennaio il voto si esprime dalle ore 8.00 alle ore 21.00

La sala del Consiglio Comunale è stata appositamente attrezzata con n. 3 cabine elettorali .

I cittadini che si recano a votare debbono esibire un documento di riconoscimento ( es: carta identità, o patente guida o passaporto) .